7 aprile 2014

Il ritorno di re Viborg





Sulle coste di Ficarazzi
il libeccio arrivava incazzato
ed io col vento nei capelli
avvistavo quattro meccioli ondeggianti
il vascello imperiale
trascinarsi miseramente
sulle acque corsare
le sue vele insanguinate
l'albero spezzato
i remi caduti nel mare


Re Viborg rientrava
dalla sua Eneide ammatula
gli occhi arsi dalla salsedine
i suoi uomini annegati nell'arsura
le sue vesti profumate di catrame

Tornarono ai loro villaggi
risalendo il trubbolo fiume
le acque Eleuterine
dove i neri sacerdoti
scesi dalla Cannita
svuotavano i cati templari,
le prostitute della Porcara
si accostavano ai sacri argini
depositando liquidi mestruali
nervose sirene fluviali
incantatrici di uomini falliti

Le donne del villaggio 
nel frattempo si erano realizzate e consumate
non riconobbero i loro guerrieri,
si erano rifatte una vita
vendendosi su Ebay
le cinture di castità,
Penelopi senza Ulisse
rapite in baccanali di Froci
motrici immobili
di razze omofobe.

Dalla Montagnola scesero cadaveri
con le torce accese,
cercavano Re Viborg
per reclamarne le mortali spoglie
sputando sangue
sui sanpietrini della strada Maestra
dove si ammulavano
i denti del Giudizio Universale,
ma rimasero delusi
re Viborg 
ormai figlio di puttana
era fuggito dalla madre Itaca,
scopri la sua città essere Troia
e ivi tornò 
per costruirsi una cavalla di legno.

(Ezio Spataro)