Cavalcavo
ormai senza palle
quando giunsi a Gerusalemme,
gli
sguardi compiaciuti degli eunuchi
il
cavallo sbrogliato sul Golgota
la gebbia
e il sacro lippo
il verde
vermiglio
macchiato di
rosso
sangue di
popolo
arrossa le acque,
lo
sudarono tra le mura di Ma'arra
tra le
frecce del nemico
sbucato dagli ulivi dell'Arcera
il figlio
babbo
partorito
tra le pietre miliari
della
regia trazzera,
a Makella
fabbricavano i mattoni
la sua
effige ne ornava la fattura
si
cantavano le imprese
le
vittorie riportate a Paropo
i
Minzanioti passati a fil di spada
Eleutero,
figlio primogenito
passato
all'altra sponda
Cavalcavo
scoglionato
verso la
Gerusalemme incasinata
anatema
di Salardino
scagliato
sulla piana di Bifarera
paura
ancestrale di un godranese
officiante
della tuma
muffita
sulle tavole
di nemici
uccisi,
sacrificio estremo di Scariani
fuggiti alla
corte di Giosis Kan
alla
gogna del petto villoso
dove si
adagiano
gli
uccelli della comare
sulle
colline delle minne aulenti
dove non
spira tramontana
oltre l'arco
del Panteno
che volge
alla Murana
(Ezio Spataro)