Caduti
nel profondo
invochiamo
con un
filo di voce
funi pietose
una
riconciliazione con il mondo
un
miracolo di vangelo
scendere
da un
buco di cielo
nelle
profondità dolorose
Una
lapide almeno
la
memoria di ciò che siamo
poichè
non siamo da meno
ne
viviamo come bruti
ma
seguiamo virtute
come
pargoli con le voci
disperate
e poi mute
Perdita
di ogni canoscenza
in queste buie
cavità di indifferenza
una vita
che a
spiegarla
fatica
ogni scienza
Urla dal
pozzo
eco che
si propaga
dalla
Balata fino al Cozzo
uno
sbattere di pugni
un
continuo tunc tunc
ma qua in
fondo
è come
l'urlo di Munch
Paese
sgomento
ardua
interpretazione di un momento
decisione
disperata
congetturata
poi
dimenticata
una sorte
rotolata
come
balata staccata
dalla rocca
che a
qualcuno sempre tocca
anche se cade una sola volta
Si
sentono storie
nelle
piazze che celebrano memorie
si
organizza il teatrino
si
riflette sulla sorte
su
Concetta Sileci
quando la
morte
è lontana
come la sera alle dieci
e qui è
ancora mattino
Si
dibatte sul cuore
della
nostra natura
quando
rasenta
quella dello struzzo
che non
giova
nasconder
la testa
dentro a
un pozzo
quando si
puo guardare il cielo
per un
ampio pezzo
(Ezio Spataro)