17 febbraio 2012

L'uomo che masturbava i cavalli

Ai tempi dell'università spesso mi vedevo durante la pausa pranzo col mio amico Carlo, studente della Facoltà di Agraria. Un giorno Carlo mi rivelò che nella sua Facoltà esistevano dei laboratori in cui veniva prelevato il liquido seminale equino per essere analizzato. La cosa suscitò in me stupefazione e curiosità allo stesso tempo, poichè non riuscivo a capire come potesse avvenire un trattamento del genere. Infatti sapevo bene che a differenza del sangue, lo sperma non può essere prelevato passivamente, ma solo attraverso un processo motorio di stimolazione. Ovviamente esclusi subito l'ipotesi che il trattamento avvenisse manualmente e così Carlo mi spiegò che il tutto era meccanizzato. Un operatore umano azionava un macchinario che attraverso un sistema di pinze stimolava gli organi genitali; poi in fase di eiaculazione lo sperma veniva convogliato in provetta tramite un meccanismo di tubicini e pompe.

Avevo sempre sentito parlare delle cavie da laboratorio, ma non sapevo esistessero cavalli da laboratorio, nè che venissero sottoposti a questi trattamenti, nè che lo sperma equino venisse analizzato. Ricordai allora quel famoso film "L'uomo che sussurrava ai cavalli" e immaginai quali parole venissero sussurrate a quelle povere bestie prima di sottoporle a quel malsano trattamento. Provai compassione per quelle bestie costrette a raggiungere l'amplesso in quei freddi e asettici laboratori, e li immaginai liberi sulle praterie a montare le loro cavalle, felici di un amplesso naturale.


Oh cavallo da laboratorio
soggetto al trattamento minatorio,
a te che sogni i prati e le cavalle
attaccano le pinze sulle palle.

Mani metalliche avvinghiano il tuo coso
con moto ondulatorio vorticoso
pompano il tuo seme su tubi artificiosi
riempiono provette per misurar  le dosi

Freddi ingranaggi lavorano silenti
ignari del passaggio di equine tue sementi
scorrono sui tubi i semi di quell’onta
che negano il piacere di una monta

Legaron le tue zampe coi legacci
a scongiurar l’azzardo dei tuoi calci,
ogni tua protesta, ogni scalpitìo
rimase soffocato nel tuo io.

Oh cavallo da laboratorio
caduto nel complotto minatorio
or più non sogni i prati e le cavalle
or che ti svuotarono le palle

Non disperar, non disperar  cavallo mio
che presto tu vedrai l’amato oblìo
scendere sui tristi macchinari
che resero i tuoi giorni così amari.

Rùmina cavallo la fresca e verde erba
annusa la puledra ancora acerba,
presto svaniranno gli spettri di quell’onta
e allora tu godrai l’ebbrezza della monta.

(Ezio Spataro)

15 febbraio 2012

La musca nta l'azzusa

raccontata dal sig. Vincenzo D'Aversa


Quali fini maliditta
vinni a fari na muschitta,
ia vulannu assai cunfusa
e finì nta la me zzusa

ora sugnu nguttumatu
picchì già l'avia paatu,
chist'azzusa a mia vinnuta
s'apparà la so caduta !

Cu lu cori ancora amaru
iu ci dicu all'azzusaru:
si la vista nunn'è nfusca
nta st'azzusa c'è na musca !














Si ci parti l'azzusaru :
nun parrari a cori amaru
nta stu nicu bicchireddu
t'aspittavi lu viteddu?

Nun nascivi l'atra aeri
e canusciu u me misteri
sta parrannu cu disprezzu
di st'azzusa e lu so prezzu !

Accussi nni mia si usa
pi cu accatta la me zzusa:
c'è la musca o c'è l'ariddu
lu so prezzu è sempri chiddu !

(Ezio Spataro)