18 settembre 2020

Nell'era del nulla che avanza




Nel letame dei black days
crescono i fiori del male
che Scorsone ha restituito
al dolore dei Sapienz

Nei davanzali vasi di Pandemia
che una volta chiamavamo di Pandora,
il polline vorticoso nel vento
penetra fin lassù nella reggia borbonica

Quali sapienz devoti a Baudelaire
ci aspettiamo paradisi artificiali,
vorremmo restare attoniti
colti dalla sindrome di Ficuzza

Nell'oscura galleria pandemica
si scorge la luce della Busambra
si ascolta il vento di Neanderthal
che si cela ai sapienz e ai Cro-Magnon

Duri tratti e dure pennelate
definiscono un codice artistico
da stile pre-Ficuzzaro :
è il ritorno alla pietra calcarea

Li sulla roccia si estrae la spada
che ci fa di nuovo guerrieri
pronti a combattere il nulla che avanza
una storia infinita che ha sete di eroi

Ritornano Scorsone e i suoi prodi
all'assalto del treno silenzioso,
con esso il nemico invisibile
sta tentando un'imboscata.

Il nulla ci coglie di soppiatto
e non può la Busambra
scagliare le sue rocce 
per fermare il nemico


(Ezio Spataro)

12 settembre 2020

La depressione caspica si allarga a Marineo

 

E' da luglio che Scorsone è passato all'attacco
mentre noi ci trinceriamo in difesa
convinti che finiranno i black days
o che risorgerà un Giovanni Di Salvo
nel bel mezzo di un circolo
dove si pratica l'arte dello sfottò.


Le falle tettoniche sono in fermento
sembra che la depressione caspica
sia arrivata nel nostro paese
un tempo noto per il celebre passìo,
non cusciulìano più su quelle strade
le graziose giumente
che un tempo incarnavano il senso
più genuino del "cherchez la femme"


Ci stanno mettendo dentro un museo,
esso racconterà nelle sue pareti 
il fummo come voi ma non sarete come noi
"u paisi dii foddi" come ci chiamavano
a Ciminna o a Bolognetta,
noi, il paese di Ignazio Buttita
dove si arrivava con un treno che non c'era,
il treno pieno di sole
che trasportò le celeberrime borse d'acqua
nell'estate dei mondiali 82


In mezzo al ricordo del bordello
in questa piazza ora deserta e silenziosa
sento arrivare l'eco lontano
di un accorato comizio di Ciro Spataro
ex-sindaco ed ex-tutto che oggi conservo
come iconcina del premio di poesia
accanto all'iconcina di San Ciro


E menomale che Pulizzotto c'è
a rifondare il partito di "Forza Marineo"
eccolo che ci appizza con le fullane e i crivi
sulle pareti di un ex-pagghialora
del castello aragonese,
sulle sue mura del versante Addinaro
mi arrampicavo da bambino
provocandomi le prime escoriazioni
su braccia e ginocchia.


Ci stanno mettendo dentro il museo
ci guarderanno le future generazioni,
tra un post e l'altro dei social
ci posteranno come ricordo 
di una cera squagliata sulle strade
dopo una processione di San Ciro,
loro che non conobbero 
l'essenza del "facemu fudda"
li vedo già sulla Strada Mastra 
che rispettano distanziamenti sociali
li vedo portare mascherine 
acquistate nella nuova putìa 
che si è aperto il pronipote di Ciro Benanti.


(Ezio Spataro)

8 agosto 2020

Riflessioni di agosto


Qui in questa terra che il sole riscalda sorseggio un bicchiere di vino sulla via dell'aceto. Sul cielo scie di nuvole che sembrano lasciate da un aereo, ma qui non passano aerei, su questi cieli transitano solo passeri famelici e gazze gracchianti che spizzuliano i fichi più maturi. Guardo avanti dove un tempo sorgevano i filari di una vigna, ricordo quel vino che veniva fuori da quelle uve, usando eufemismi lo chiamavamo ambrato, invece aveva il colore del fango, di questa terra cretosa da scarpe ncritate. Erano uve colpite dall'umido, dal tipico rento di queste zone e il vino era più pesante di un macigno, dopo tre mesi era già aceto. Delle mosche assatanate girano attorno al mio ginocchio e dietro le gambe sento quel prurito tipico che ti procurano nugoli di moscerini portati dallo scirocco . Qui a fianco un fico lasciato a stesso, forse non potato da anni è puntellato di microscopici fichi che potrebbero essere usati come proiettili, duri come pietra. Qui vige la legge del sole, e ogni zolla di terra ne assorbe quantità impressionanti, le osservo mentre mi arriva il puzzo delle ascelle sudate, mischiato a quello delle zolle sembra un profumo di zolfo, di un nuovo pianeta zeppo di vulcani. Alla mia destra un canneto che svetta verso gli ultimi raggi di sole, rifugio di uccelli insettivori che qui da queste parti chiamiamo "ccicchiteddi". Sono uccellini piccolissimi, dai movimenti agili e fulminei. Sto sudando, mentre delle formiche lavoratrici si avventato sul mio bicchiere dove è rimasta una funnurigghia di vino, qualcuna non so come è riuscita a raggiungere il mio petto tra selve di peluria e rigagnoli di sudore. E in un estasi estiva sento esalazioni arrivare da lontano, un profumo di ristucce bruciate.

(Ezio Spataro)

13 giugno 2020

Nel girone dei populisti



Senza la mente e la ragione
senza vaglio del pensiero
vivon oggi molteplici persone

pare la repubblica un impero
dove scorazzano i generali
col cavallo imbizzarrito e altèro.

Il popolo non usa più le ali
non osa il folle volo di Ulisse
tra le sirene degli Stati Generali.

Per paura che poi se ne pentisse
non vuole impegnarsi in oculata scelta
si rifugia nei social, nelle virtuali risse.

Attende la persona risoluta e svelta
che mostri di avere i superbi coglioni
un capo-popolo che finga di dargli retta

si accontenta dei salvini e dei meloni
frutti che fuori paion succulenti
ma aprendoli si trovan larve di mosconi

Le ideologie si son mostrate incompetenti
superati son comunismo e fascismo
laiche divinità dai poteri inconcludenti

esse si riproducono nel populismo
idolo da adorare in questo deserto,
vitello d'oro di un nuovo misticismo.

Arriva l'uomo forte, del popolo esperto
collettore di rabbia e tensione sociale
alla ricerca del podio più bello e più erto

si uccide quell'arbitrio razionale
che vaglia col sudore il bene comune,
della democrazia si prosciuga il capitale.

Addio libero arbitrio auto-immune
che lottavi contro il virus dell'ignoranza
chi ci salverà dal deserto e le sue dune ?

Dov'è finita quella divina possanza
dono più autentico che l'uomo ricevette
come dono della divina temperanza ?

Uomini trasformatisi in civette
navigano sulla pancia della rete virtuale
rivendicando intolleranza e manette

in modo manicheo si confina tutto il male
l'elite contro il popolo ferito
la rabbia e la bile servite in un boccale.

Si esce dalla storia e si torna nel mito
quando a Troia si inseguiva la vanagloria
e di Achille si apprezzava anche il pirito

gli uomini hanno smesso di fare la storia,
l'accidia fa crescere ogni tipo di erbacce
spacciate per chissà quale cicoria

demagogia, promesse e fregnacce
i nuovi paladini a difesa del cittadino
teatranti che ai potenti fanno le boccacce.

Servirebbe un potente vaccino
contro i paladini demagoghi,
per il popolo un triste un contentino

sviluppare un immunità ai comuni luoghi
che nel nome del popolo giustificano odio
e preparano le cataste per i roghi

bisogna ignorare ogni palco ed ogni podio
da dove si alza la voce e si punta il dito
salvare le pance dal bicarbonato di sodio

eliminare questo falso mito
che la democrazia è in una stasi
che servono i pieni poteri del mojito

Oh popolo che vai avanti a Biochetasi
usa la tua mente prima della pancia
lì nell'intelletto e la ragione è la tua oasi

siano esse il tuo scudo e la tua lancia
contro i nemici della democrazia
contro di voi la loro bomba si sgancia

sulla tua rabbia avrai supremazia
vincitore dei tuoi istinti più bassi
alla tua libertà costruirai un'abbazìa

scopri quali sono i tuoi veri assi
la tua volontà temprata nel fuoco
che può smuovere montagne e massi

la libertà non è un un gioco
non si costruisce con clic e commenti
dentro di te c'è un potere che non è poco

si possono determinare gli eventi
purchè non si rinunci all'impegno
questo è il pensiero dei vincenti

l'ottimismo della volontà
è ciò di cui ognuno den farsi degno
vigilando sulla propria libertà
per non pagare amaro pegno

(Ezio Spataro)

2 marzo 2020

Li addini marinisi




Iu di quant'avi chi da Sicilia mi nn'ivu
nun sacciu n'soccu manciu e n'soccu vivu
va fazzu a spisa e m'accattu a scalora 
ma un pozzu diri ca è frisca d'ora d'ora
accattu u pumadoru, u pipi e a lattuchedda
cu a spiranza ca un m'ammazzanu i vudedda

m'accattu l'ogghiu e mancu sacciu s'è nisciutu du trappitu
accattu pani ca pi mantenisi ci uncinu spiritu
la farina è raffinata nun sacciu di quali manera
e sempri mi fiuru ddu furmentu crisciutu a Bifarera

Lu vinu ca a taliallu parissi puru tocu
è chinu di surfiti ca cu un cirinu pigghia focu
c'è la buttigghia di cincu euru e chidda di deci
e sempri mi fiuru ddi filara curtivati a lu Buceci

Passu di lu bancu surgelati 
m'accattu funci già pronti e priparati
nun si po diri ca a mancialli su na perla
e mi fiuru mazza di tammuru e funci di ferla

Comu a fari pi truvari na cosa genuina
ogghiu di trappitu, ova frischi, la vera farina
lu fattu è ca lu pitittu veni e addumanna saziu
allura vegnu a lu discanti a paari lu daziu
e la terra chi un tempu mi dava tuttu
mi la fiuru nta stu carrellu chi ora ammuttu.

(Ezio Spataro)

21 febbraio 2020

A Guglielmo



Ti sei fermato a quel "C'era una volta"
come una fine d'anno di Borges,
forse sei rimasto ferito
tra una rissa e l'altra dei fratelli coltelli


Ti ho intravisto
alla scuola eccellente del Gorgaccio
dove la stagione delle mostre
mi fa ricordare Battiato
quando mi chiedevi di cantare
una stagione dell'amore

Tra sacro e profano
tra presepe e presepe
il fuoco amico degli amici
ti ha abbrustolito la penna 
e reso muto

Ti resta di invocare i fratelli Copti
in un rispolvero di vare e memorie
che mi dipinge te con la pizzudda
mentre ti azzanni ancora la midudda

Dai, non lasciare andare a matula
il gioco delle memorie
quella narrazione di comitati cittadini
e anargire consulenze sulla flora nostrana

Fammi raccogliere la mandragora
del tuo pensiero
quella che non si può comprare
nei bivi della cultura a futura memoria
solo tu puoi banniare la tua verdura

svuota i cassetti dove conservi
i tuoi proiettili culturali
non vedo un futuro senza di essi
non farmi aspettare una fine d'anno
per sentire lo sparo delle tue cartucce

Non farmi attendere San Ciro 
per sentire i botti e prenderci il gelato
non restiamo bloccati
nel doppio senso della strada mastra


(Ezio Spataro)

24 gennaio 2020

Nel girone dei punteruoli



Questo componimento segue la stessa metrica dei canti della Divina Commedia di Dante (rime alternate con incipit di nuova rima ogni tre rime)


Onofrio or studiando Anassagora
scopriam che il principio primo
sta nell'antica planta di mandragora.

Ah se avessimo piantato menta o timo
forse staremmo ancor bene,
allor facciam che tu scavi e io concimo.

A imitazione dei filosofi d'Atene
non abbiam lena di uccider punteruoli
ne di svuotar le damigiane d'etilene,

ma ancor non ti capaciti e consoli
al pensier della rinata palma.
Ti appresti a lasciar li vecchi moli

non ti rassegni all'apparente calma
nella tua cerca di riesumati consulenti,
non credi a un loro miglior karma

ancora pecchi e non ti penti
di pensar a quella mano che riscalda.
Rinuncia per sempre ai vecchi intenti

la cultura nel futuro ancor ritarda
come quel premio alla poesia
che a tanti poeti valse la mafalda.

Dai Onofrio che vuoi che sia
se non la ricomparsa di antiche stupidaggini
non spargiam veleno o malattia

come ambulanti che spaccian per borraggini
le mandragore raccolte nell'Ogliastro
nelle campagne di limitrofe propaggini.

Tu che della notizia sei il mastro
cantaci l'amore del presepe vivente
non temer per il finanziario disastro

che non c'è anargiro consulente
che può ridurti il viso mesto
sii felice e ancor gaudente

che non c'è imposta ne dissesto
che può guastar lo nostro umore
su Onofrio il meglio arriva presto

non indugiar su parlaci d'amore

(Ezio Spataro)

23 gennaio 2020

Pensavo di far prima



Ho asfaltato la realtà
con il manto delle distrazioni
ho appaltato i miei vuoti
alle multinazionali del capriccio
nei cantieri dell'esistenza
imprenditori mercenari
studiano le abitudini

Non pianto alberi
ma compro bonsai 
innestati sui miei desideri
non irrigo la terra
acquisto zolle già bagnate
con l'acqua del tutto e subito

Dormienti nei magazzini
si risvegliano oggetti
pacchi si riempiono
per riempire vuoti
non soffrono i desideri
nell'imperfezione di ciò che si ha

Non c'è battaglia
ne sangue sparso
non c'è conquista
in un mondo veloce
in cui tutto si acquista,
vorrei dissotterrare
gli antichi sentieri
dove scorreva il tempo
e non i corrieri

(Ezio Spataro)


21 gennaio 2020

Mandragora e Borragine



Salivo dal bivio di Bolognetta
confidente di quelle curve sinuose
che percorrevo da bambino,
sui bordi delle strade
ciuffi di mandragora e borragine
fanno pregustare un piatto vruduso
che proietta nell'aldilà

Non ho ancora gettato alle ortiche
il mio passato da chierico 
spolveratore di vare,
voglio ancora credere in quel Dio
che muove le stelle verso le stalle
in questi tempi dove la cicoria di Erode
viene barattata con l'incenso dei magi,
ogni giorno alleno le ginocchia
a fare una scinnuta di la vara
e uscire da questa coltre di ardicula

Da Punta Raisi a Marineo
un accompagnatore anargiro
mi aiuta come Virgilio
a scendere negli abissi infernali
indicandomi venditori ambulanti
dalle anime avvelenate,
le tre fiere che i forestali
avevano liberato 
sulla selva oscura di Ficuzza

Facciamo il giro lungo
per risalir le pendici del Busambra
ci tocca passare per quei gironi
delle diverse specie umane
che vivono nei bei paeselli
come quelle orde di forestali
centauri e centunisti
che in vita bruciarono il reddito
e adesso per contrappasso
vedono avvilupparsi l'ardicula
sui loro corpi

oh Farinata degli Uberti 
che in vita tua conoscesti
impiegati a tempo perso 
ed impiegati più esperti
e ancor mi chiedi 
chi fur li maggior tui
ricordami tu chi ero
e cosa un tempo fui
affinchè nell'attuale dabbenaggine
io possa discernere
la mandragora dalla borraggine

Oh Cavalcante dei Cavalcanti
che in vita tua
mettesti le mani avanti
aiutami a non far la fine del Benanti
che da imitatore di Pier delle Vigne
fini per raccogliere
dall'albero le cadute pigne
chè a servir l'imperatore
è cosa che non dura
ancor meno che ingerir
l'errata verzura

(Ezio Spataro)

6 gennaio 2020

Presepe morente



Ho aspettato i magi
in una grotta che non c'è
una sapienza venuta da lontano
ad azzerare il pregiudizio 

Ho intravisto pastori incazzati
aspettavano il rinnovo del contratto
con i loro armenti,
pecore da latte con minne 
sempre più sucate
e senza erba da mangiare

Accoppata da Erode la mia stella
non sa più dove brillare
col fiato sul collo di questo mondo
ho cercato il fiato leggero
del bue e dell'asinello

Non ho oro ne incenso ne mirra
mi accontento della birra,
quella artigianale a km zero 
che si beve con lo sconto di The Fork

Mi dirigo verso culle di bambini
messi al mondo per sport
da genitori che vivono per il lavoro e per le ferie,
bambini sempre più soli e al freddo
dove non servono stragi di innocenti

Non vedo sognatori 
addormentati sui cigli delle strade, 
vedo barboni depressi 
bere birra scadente 
all'ingresso dei negozi

Non vedo donne che sorridono intente alla filanda, 
vedo articoli di abbigliamento 
acquistati su amazon nei ritagli di tempo, 
il suonatore di piffero al centro commerciale

Vedo artigiani intenti alla fatica 
nelle loro grotte da nababbi 
fare lavori senza fattura.

Vedo lavoratori invisibili 
cercare raccomandazioni per entrare nel presepe,
vedo esattori delle tasse come ai tempi di Erode, 
vedo nuove imposte per ogni pecora abusiva.

(Ezio Spataro)