28 novembre 2018

Religiosità e Pitittu in Ezio Spataro



Ezio Spataro, nasce a Palermo nel novembre del 1974 presso l'ospedale dei bambini. La sua avventura poetica inizia in tenera età quando la maestra della scuola elementare chiedeva ai propri alunni di cimentarsi nella produzione di poesie o pensieri poetici da dedicare ai genitori in occasione della festa della mamma e del papà. La rima "cuore-amore" fa breccia nella sua vita all'età di appena 8 anni, dopodichè si registra un silenzio poetico di circa 15 anni.

All'età di circa 23 anni Ezio Spataro viene a conoscenza della poesia francese maledetta riconducibile a poeti come Baudelaire, Rimbaud e Verlaine. Il salto è diretto, dal cuore-amore dell'infanzia si passa al binomio cuore-dolore del decadentismo. E' un periodo di profanda depressione che porterà il poeta a chiudersi a riccio su questo genere poetico e che lo vedrà cimentarsi in poesie dallo stile maledetto e all'emulazione dei poeti suddetti. Per uscire dal tunnel lo Spataro inizia a frequentare gruppi religiosi e relativi incontri spirituali. Cerca in tutti i modi di rafforzare la sua fede per trovare un barlume di speranza che gli consenta di uscire da quel vicolo cieco che stava imboccando. Da allora passeranno più di 5 anni di silenzio poetico, fino all'età di 30 anni, l'età della svolta. 

Esattamente nell'estate del 2005 lo Spataro, frequentatore dell'agorà marinese inizierà a cimentarsi in piccoli bozzetti poetici da dedicare a vari personaggi del suo paese : amici, conoscenti, frequentatori dei bar. Incoraggiato dall'entusiasmo e il divertimento degli amici viene spronato a scrivere una quantità sempre maggiore di questi bozzetti. La sera quando si reca al bar D'Amore diversi giovani gli chiedono che vengano declamate le poesie e vogliono scritto il bozzetto personalmente.

Ma il divertimento dura poco; nel 2006 il poeta si trasferisce a Milano per lavorare in un'azienda e quindi inizia la sua esperienza da emigrato. Iniziano per lui anni difficili e impegnativi in cui non c'è il tempo nè la testa per pensare alle poesie. Si trova in una nuova dimensione a lui estranea, a tratti complicata. Soltanto dopo circa due anni di ambientazione il poeta inizia a riprendere i contatti coi vecchi amici marinesi, i quali lo incoraggiano a continuare a scrivere anche da emigrato. Preso dalla nostalgia il poeta riprende a scrivere, usando quel dialetto siciliano che ormai non usava quasi più, ritrovandosi in un contesto sociale cosi diverso e distante da quello dal quale proveniva.

Inizia a produrre nuove poesie a ritmo quasi industriale, la maggior parte in dialetto. Molti dei temi trattati riguardano l'agricoltura, la campagna, la vita di paese, la natura. La quantità di poesie aumenta ed il poeta decide di raccoglierle e pubblicare dei librettini da diffondere gratuitamente ai propri paesani in occasione delle ferie estive, quando il poeta usualmente rientrava a Marineo per stare con la madre, allora ancora in vita.

Nel 2010 apre il blog di poesia "Percorsi Poetici a Brannu", una sorta di diario digitale dove il poeta raccoglie tutte le sue poesie. Pochi anni fa lo stesso blog cambiava nome in "Cava dei Poeti". Il blog non è molto pubblicizzato ma fortunatamente altri bloggers più quotati useranno il proprio blog per pubblicizzare le poesie dello Spataro e colmare quel pititto digitale che il blog Cava dei Poeti per forza di cose da sempre registra. Come è noto, infatti la poesia da sola è argomento di nicchia e per alcuni anche di "minchia", per cui sarebbe stato impossibile per il poeta diffondere la sua produzione poetica su più vasta scala senza l'ausilio di altri bloggers.

Più volte gli è stato chiesto se ha intenzione di pubblicare un libro, ma il poeta ha risposto che perora le poesie se le conserva nei cassetti anche a costo di riempirli. Non ha mai ricevuto premi, in verità non si è nemmeno candidato tranne qualche volta in occasione del premio di poesia che si celebra al suo paese. Il suo premio preferito, come quello di ogni poeta che si rispetti, è sapere che qualcuno si sofferma a leggere le sue poesie. Questa dimensione francescana di pitittu ben si sposa con le sue passate esperienze religiose in cui il poeta ha appreso che la lode degli uomini ubriaca più del vino. E non vorrebbe il poeta essere iconizzato con il fiaschetto di vino dietro le spalle mentre scrive le poesie, divenendo vittima di correzioni fraterne.

(Ezio Spataro)

26 novembre 2018

Pino Battaglia al supermercato



Dalle fenditure degli scaffali
dalle sature corsie
sale il mio grido
nell'apogeo delle casse
quando con scontrini
di alberi scorticati
mi faranno i conti nel portafogli

Io che ho visto pascolare
le greggi della Cannavata,
io che ho visto colare il siero
dalle cavagne dei pastori
in attesa di passare il pane
sui nastri impostori
preparo la magnetica carta
a mercede di una spesa morta

Voi che avete ucciso alberi
e portato acqua nei mulini infami
dove le merendine 
impastate col falso sorriso
di famiglie felici
segnano l'alba del vostro giorno
voi vedrete salire il trigliceride
come edera di un'esistenza vana
voi che sverginaste
l'olio d'oliva
e spremendo la speranza
ne ricavaste succo di ace,
allora saprete quanto 
tutto ciò è fallace

Sopravviverete
nelle panature dei sofficini
facendo incetta di surgelati
sfiderete il tempo
contando bastoncini
e inseguiti dal vostro nulla
friggerete invece di mangiare

Avanti, io vedo avanti
nelle vostre membra
fatte di conservanti
toverete l'elisir 
per sopravvivere all'anima
immortali nella carne
rimarrete intatti
tra sarcofagi e papiri

Venite al supermercato
e chiedete di Pino Battaglia
lo troverete su un carrello arenato
a spingere qualcosa che non quaglia
un cibo che non nutre ma conserva
che immortali vi renderà le membra

(Ezio Spataro)

19 novembre 2018

Giustizia e Solitudine


Dove sono i tuoi forti camion
che percorrevano come bisonti
gli asfalti del Peloponneso
si alzava la polvere al loro passaggio
la merce viaggiava sicura
la tua logistica cantava come un orologio

Ti tocca spalare la terra
adesso che dovresti riposare
per contenere questa frana
ti occorre la fede di un templare
tu che sapevi come fare
affinche quella merce 
un giorno potesse arrivare

Ora la tua giustizia 
la puoi vedere sfornare
come il pane ha la forma
che gli si vuole dare
con quella giuggiulena da attaccare
che il potente sa come procurare
e pensi non ne valga la pena
perchè ti accorgi 
che più del pane
conta la mera giuggiulena

Non c'è logistica che tenga
si aspetta solo che un uomo si arrenda
è una merce astratta
che si sa da dove parte
ma non si conosce la tratta
dal Peloponneso giù per capo Malea
la giustizia non si sa con chi si allea

Cercavi un pane e trovasti una cusuzza
e solo adesso ti accorgi della puzza
non puoi provare a spiegarlo
se nessuno è disposto a crederlo
la tua verità raglia nel vento
contro un'indifferenza da spavento
la giustizia adesso ti fa scorno
mentre rimani a guardare 
cosa esce da quel forno

Le parole non hanno significato 
se non nel loro uso consumato
come il pane se ne può fare bruschetta
come una parola mai detta
tu credi di aver colto un significato
convinto che era pane caliato
mentre fuori tutti credono
che qualcosa ha bruciato

(Ezio Spataro)

14 novembre 2018

Pasolini a Casteldaccia



Tra campi alluvionati
il figlio della Milicia
raccoglie i gigli fangosi
di un orgoglio abusivo

Della tav, della tap, 
del muos o della nato
lui bellamente se ne fotte
il paladino dell'immobile sanato
si alza le mura di notte e notte

Beccato a impastare cemento
nelle contrade di Casteldaccia
si rincorre lui colpevole
lui illuso dell'eterna bonaccia

Ora quel suo pragmatismo edile
straripa in un'arena che non c'è
in un gilettismo da dito puntato
che fa eco al torrente esondato

Ma non c'è onta ne offesa
o caduta di immagine
per questa terra di manciatura
che si gloria della sua cultura

Alto-borghesi della Palermo Orlandiana
un pò Rotary Club un pò pacchiana
sempre, notte e giorno
promossero la cultura della pasta afforno

Senza furia e senza epos
quegli Orlandi biliosi
allestirono i cantieri culturali
nella capitale mondiale dell'Amat

quando ad aspettare l'autobussu
ci andava veramente di lussu
perchè nella città dove non si corre
si poteva confutare il tutto scorre

nulla scorre ma tutto si asciuga 
nulla si lecca se non è sarda o acciuga
il fango tra Palermo e Casteldaccia
si asciugherà col ritorno della bonaccia

E cosa dire di Cefala Diana o Monreale
di impiegati beccati al bar Centrale
non bastano alluvioni o temporali
a spaventare gli impiegati comunali

pur avendo un lavoro chiederanno la luna
e nelle slot tenteranno maggior fortuna
andranno a prendere i figli a scuola
e che dire...sarà tutto fango che cola

(Ezio Spataro)

9 novembre 2018

Dimucrazia



Sicuramente oggi c'è chi può dire che l'attuale governo non sta lavorando bene e ha pieno diritto di dirlo, ma sicuramente non può negare che questo governo è stato scelto e legittimato dal popolo. Le masse non vanno demonizzate ma capite e ascoltate. Le masse votano e vanno rispettate perchè oggi fortunatamente col suffragio universale non si vota in base al proprio quoziente intellettivo o il grado di istruzione. Il popolo non è il popolino come qualcuno con disprezzo suole apostrofarlo. Ricordo invece anni fa quando si andava al governo con consensi popolari che si attestavano attorno al 25% . Fu proprio durante quegli anni che scrissi questa poesia sulla democrazia. Oggi posso dire che è meglio un governo populista piuttosto che governi impopolari che rappresentano un italiano su 4.


La dimucrazia
è un ciuri dilicatu
e pari na fuddìa
vidillu spampinatu

Nascì cu nubirtà
pi un populu civili
ca sogna libirtà
nta stu munnu vili

Cuverni maliziusi
spampìnanu stu ciuri
nn'attaccanu li pusa
nni levanu l'onuri

Sempri lu votu damu
e lu munnu è com'ha statu
però lu pani chi scuttamu
è sempri pani sudatu !

Terra fertili e amica
pi genti ca nascì suvrana
unni lu furmentu mancu spìca
ca già è prontu pi la fullàna

chissa fussi la dimucrazia
un fertili campu curtivatu
ma cu si pigghia la mizzadrìa
penza a chiantari filu spinatu

lu patruni è fora e si punci
mentri u mizzadru si pasci ddà intra
s'addeva la vestia e si la munci
mentri au patruni ci sicca lu ventri

(Ezio Spataro)

8 novembre 2018

Ode ai tempi futuri



Negli autunni a venire
contempleremo le cateratte
dei torrenti sepolti
il tartaro sotterraneo
erutterà un liquame di vendetta
l'acqua si sposerà al fango
e noi per dissetarci
invocheremo l'acqua di polipo
davanti i silos della Nestlè

I nostri figli
si nutriranno di false farine
spacciate per kilometro zero
il grano ammuffirà nelle
valli alluvionate
ci faremo il caffè con le capsule
taroccate della defunta Bialetti
arriverà il messia del biologico
che moltiplicherà il falso made in Italy
le nostre campagne 
diventeranno discariche
e le pioggie cadranno su di esse
a gocce differenziate

Ci saranno fiumi e torrenti nuovi
figli di un edilizia minore
i preti d'avanguardia usciranno i santi
per far piovere cemento disarmato
ci saranno donne di una moderna devozione
degne spose di Rossana Rossanda
e prima che il fango inghiottisca ogni cosa
ci saranno le false rivoluzioni
si liberà redbull e negroni sbagliato
alla faccia dei giusti e dei loro giardini

Dopo la morte della cubaita
toccherà ai torroncini
andremo all'outlet dolciario
a comprare coccodrilli al gusto di cola
e negli imperi del business
non ci accorgeremo del silente fotti fotti
immemori della qualità dei prodotti
immemori della Perugina e della Pernigotti.


(Ezio Spataro)

1 novembre 2018

S'ava tagghiari ssu palluni



In tanti sia in Europa che in Italia aspettano che questo governo perda la palla. Sono appostati ai lati delle piazze col coltello pronto in mano per cogliere la palla e tagliarla. Questa situazione mi ricorda tanto quelle che vivevo da ragazzino quando per strada giocavamo a pallone e c'erano certuni già appostati che disturbati dal nostro gioco aspettavano di prenderci la palla e tagliarla.


Quann’era nicu e si iucava a lu palluni
un cristianu nni taliava assittatu nta un scaluni
e si pi sbagghiu nta li pedi cci arrivava
niscia lu cuteddu e nni lu tagghiava

Nuatri scantati nun sapiamu si scappari

ma senza lu palluni nun putiamu iucari
allura piatusiannunni nni lu faciamu dari
però lu pattu era c'aviamu a smammari

Si ghiamu a n'autra banna e truvavamu risettu
arrivavanu chiddi cchiù granni e nni facianu dispettu
nni futtianu lu palluni facennunni furriari
si prima un facia scuru nun l’arrivavamu a tuccari

Nni strudiamu, nni stancavamu e li nerbi nni faciamu,
pi fari na partita lustru unni vidiamu
cu tutta la raggia ca aviamu di ncoddu
nn’arricugghiamu dintra cu lu culu lordu

Nni stricavamu nterra, nni stricavamu unn’egghè,
li nostri matri nni nfilavanu nta lu bidè,
nni sgrasciavanu li dinocchia, li uvita e la frunti
ddu sapuni scurrìa comu acqua di la funti

Nun c’era scappatoia s’aviamu di scippari
lu telefono azzurru l’avianu di mmintari
li lignati nun si cuntavanu e li vuci nni nsurdianu
s’arrivava nta lu lettu cu li lacrimi chi currianu

E pinsannu ca la scola lu nnumani nn’aspittava
si durmia cu la spiranza ca la maistra s’assintava
accussi nta lu cortili nni mannavanu a ghiucari

e ddà nuddu lu palluni nni lu putia tagghiari

(Ezio Spataro - 2009)