11 dicembre 2018

Darrè la frenza



Lu tempu c'avanza
si mancia la frenza
nta tutti li so magghi
si nsidia la frasca
di lu "veni e cogghi"
si persi la fama
di lu "cogghi e mancia"
si persi lu distinu

Li vecchi scorci 
di ficu munnati 
li beddi vraccoca
nta l'arbuli lassati
li puma nterra
purriti e pizzuliati
di tutti chisti cosi
chianci lu iardinu

Nta ddu pedi d'aliva
persi lu panaru
nta dd'ogghiu di trappitu
cuvava lu me amaru
nta umitu e prinospira
truvavi lu me dannu
dda nzolia e ddu zubibbu
mi trassiru n'ingannu

Nta ddu pumadoru
si persi la me manu
nta dda tavula d'astrattu 
si persi la cucchiara
m'arresta lu russu
d'un tempu sbiadutu
m'arresta lu giallu
di surfaru ittatu
di quannu lu ventu
ciusciava arrabbiatu

(Ezio Spataro)

6 dicembre 2018

Il mandamento di Marineo



Questo è il mio paese
la madrice e un convento
l'arte, la storia
il culturale fermento
ci sono le campagne
le olive, il raccolto
ma del capo-mandamento
non si conosce il volto

Ci sono gli artisti
i poeti, i pittori
ma della mafia 
chi sono gli attori ?
Ci sono rampolli 
che si danno alle estorsioni
per nome e per conto
di quali organizzazioni ?

Quale futuro per la mafia a Marineo?
Diamogli un nome
costruiamogli il ninfeo
spostiamo i monumenti
sentiamo i consulenti
vogliamo un lor parere
sui capi-mandamenti

Si parla di mafia
si scrive di mafia
i preti di sinistra
ci fanno ammonimenti
ma niente di niente
sui capi-mandamenti
ci sono gli scrittori
ci son bibliotecari
ma nulla si sa ancora
su mandanti e gregari

Arresti a Palermo
arresti a Misilmeri
non basta il punto fermo
redatto dai gendarmi
arresti a Belmonte
arresti a Pagliarelli
non bastano le onte
che gravano sui velli
mi chiedo pertanto
in questo imeneo
qual'è il mandamento
di stanza a Marineo ?

(Ezio Spataro)

28 novembre 2018

Religiosità e Pitittu in Ezio Spataro



Ezio Spataro, nasce a Palermo nel novembre del 1974 presso l'ospedale dei bambini. La sua avventura poetica inizia in tenera età quando la maestra della scuola elementare chiedeva ai propri alunni di cimentarsi nella produzione di poesie o pensieri poetici da dedicare ai genitori in occasione della festa della mamma e del papà. La rima "cuore-amore" fa breccia nella sua vita all'età di appena 8 anni, dopodichè si registra un silenzio poetico di circa 15 anni.

All'età di circa 23 anni Ezio Spataro viene a conoscenza della poesia francese maledetta riconducibile a poeti come Baudelaire, Rimbaud e Verlaine. Il salto è diretto, dal cuore-amore dell'infanzia si passa al binomio cuore-dolore del decadentismo. E' un periodo di profanda depressione che porterà il poeta a chiudersi a riccio su questo genere poetico e che lo vedrà cimentarsi in poesie dallo stile maledetto e all'emulazione dei poeti suddetti. Per uscire dal tunnel lo Spataro inizia a frequentare gruppi religiosi e relativi incontri spirituali. Cerca in tutti i modi di rafforzare la sua fede per trovare un barlume di speranza che gli consenta di uscire da quel vicolo cieco che stava imboccando. Da allora passeranno più di 5 anni di silenzio poetico, fino all'età di 30 anni, l'età della svolta. 

Esattamente nell'estate del 2005 lo Spataro, frequentatore dell'agorà marinese inizierà a cimentarsi in piccoli bozzetti poetici da dedicare a vari personaggi del suo paese : amici, conoscenti, frequentatori dei bar. Incoraggiato dall'entusiasmo e il divertimento degli amici viene spronato a scrivere una quantità sempre maggiore di questi bozzetti. La sera quando si reca al bar D'Amore diversi giovani gli chiedono che vengano declamate le poesie e vogliono scritto il bozzetto personalmente.

Ma il divertimento dura poco; nel 2006 il poeta si trasferisce a Milano per lavorare in un'azienda e quindi inizia la sua esperienza da emigrato. Iniziano per lui anni difficili e impegnativi in cui non c'è il tempo nè la testa per pensare alle poesie. Si trova in una nuova dimensione a lui estranea, a tratti complicata. Soltanto dopo circa due anni di ambientazione il poeta inizia a riprendere i contatti coi vecchi amici marinesi, i quali lo incoraggiano a continuare a scrivere anche da emigrato. Preso dalla nostalgia il poeta riprende a scrivere, usando quel dialetto siciliano che ormai non usava quasi più, ritrovandosi in un contesto sociale cosi diverso e distante da quello dal quale proveniva.

Inizia a produrre nuove poesie a ritmo quasi industriale, la maggior parte in dialetto. Molti dei temi trattati riguardano l'agricoltura, la campagna, la vita di paese, la natura. La quantità di poesie aumenta ed il poeta decide di raccoglierle e pubblicare dei librettini da diffondere gratuitamente ai propri paesani in occasione delle ferie estive, quando il poeta usualmente rientrava a Marineo per stare con la madre, allora ancora in vita.

Nel 2010 apre il blog di poesia "Percorsi Poetici a Brannu", una sorta di diario digitale dove il poeta raccoglie tutte le sue poesie. Pochi anni fa lo stesso blog cambiava nome in "Cava dei Poeti". Il blog non è molto pubblicizzato ma fortunatamente altri bloggers più quotati useranno il proprio blog per pubblicizzare le poesie dello Spataro e colmare quel pititto digitale che il blog Cava dei Poeti per forza di cose da sempre registra. Come è noto, infatti la poesia da sola è argomento di nicchia e per alcuni anche di "minchia", per cui sarebbe stato impossibile per il poeta diffondere la sua produzione poetica su più vasta scala senza l'ausilio di altri bloggers.

Più volte gli è stato chiesto se ha intenzione di pubblicare un libro, ma il poeta ha risposto che perora le poesie se le conserva nei cassetti anche a costo di riempirli. Non ha mai ricevuto premi, in verità non si è nemmeno candidato tranne qualche volta in occasione del premio di poesia che si celebra al suo paese. Il suo premio preferito, come quello di ogni poeta che si rispetti, è sapere che qualcuno si sofferma a leggere le sue poesie. Questa dimensione francescana di pitittu ben si sposa con le sue passate esperienze religiose in cui il poeta ha appreso che la lode degli uomini ubriaca più del vino. E non vorrebbe il poeta essere iconizzato con il fiaschetto di vino dietro le spalle mentre scrive le poesie, divenendo vittima di correzioni fraterne.

(Ezio Spataro)

26 novembre 2018

Pino Battaglia al supermercato



Dalle fenditure degli scaffali
dalle sature corsie
sale il mio grido
nell'apogeo delle casse
quando con scontrini
di alberi scorticati
mi faranno i conti nel portafogli

Io che ho visto pascolare
le greggi della Cannavata,
io che ho visto colare il siero
dalle cavagne dei pastori
in attesa di passare il pane
sui nastri impostori
preparo la magnetica carta
a mercede di una spesa morta

Voi che avete ucciso alberi
e portato acqua nei mulini infami
dove le merendine 
impastate col falso sorriso
di famiglie felici
segnano l'alba del vostro giorno
voi vedrete salire il trigliceride
come edera di un'esistenza vana
voi che sverginaste
l'olio d'oliva
e spremendo la speranza
ne ricavaste succo di ace,
allora saprete quanto 
tutto ciò è fallace

Sopravviverete
nelle panature dei sofficini
facendo incetta di surgelati
sfiderete il tempo
contando bastoncini
e inseguiti dal vostro nulla
friggerete invece di mangiare

Avanti, io vedo avanti
nelle vostre membra
fatte di conservanti
toverete l'elisir 
per sopravvivere all'anima
immortali nella carne
rimarrete intatti
tra sarcofagi e papiri

Venite al supermercato
e chiedete di Pino Battaglia
lo troverete su un carrello arenato
a spingere qualcosa che non quaglia
un cibo che non nutre ma conserva
che immortali vi renderà le membra

(Ezio Spataro)

19 novembre 2018

Giustizia e Solitudine


Dove sono i tuoi forti camion
che percorrevano come bisonti
gli asfalti del Peloponneso
si alzava la polvere al loro passaggio
la merce viaggiava sicura
la tua logistica cantava come un orologio

Ti tocca spalare la terra
adesso che dovresti riposare
per contenere questa frana
ti occorre la fede di un templare
tu che sapevi come fare
affinche quella merce 
un giorno potesse arrivare

Ora la tua giustizia 
la puoi vedere sfornare
come il pane ha la forma
che gli si vuole dare
con quella giuggiulena da attaccare
che il potente sa come procurare
e pensi non ne valga la pena
perchè ti accorgi 
che più del pane
conta la mera giuggiulena

Non c'è logistica che tenga
si aspetta solo che un uomo si arrenda
è una merce astratta
che si sa da dove parte
ma non si conosce la tratta
dal Peloponneso giù per capo Malea
la giustizia non si sa con chi si allea

Cercavi un pane e trovasti una cusuzza
e solo adesso ti accorgi della puzza
non puoi provare a spiegarlo
se nessuno è disposto a crederlo
la tua verità raglia nel vento
contro un'indifferenza da spavento
la giustizia adesso ti fa scorno
mentre rimani a guardare 
cosa esce da quel forno

Le parole non hanno significato 
se non nel loro uso consumato
come il pane se ne può fare bruschetta
come una parola mai detta
tu credi di aver colto un significato
convinto che era pane caliato
mentre fuori tutti credono
che qualcosa ha bruciato

(Ezio Spataro)

14 novembre 2018

Pasolini a Casteldaccia



Tra campi alluvionati
il figlio della Milicia
raccoglie i gigli fangosi
di un orgoglio abusivo

Della tav, della tap, 
del muos o della nato
lui bellamente se ne fotte
il paladino dell'immobile sanato
si alza le mura di notte e notte

Beccato a impastare cemento
nelle contrade di Casteldaccia
si rincorre lui colpevole
lui illuso dell'eterna bonaccia

Ora quel suo pragmatismo edile
straripa in un'arena che non c'è
in un gilettismo da dito puntato
che fa eco al torrente esondato

Ma non c'è onta ne offesa
o caduta di immagine
per questa terra di manciatura
che si gloria della sua cultura

Alto-borghesi della Palermo Orlandiana
un pò Rotary Club un pò pacchiana
sempre, notte e giorno
promossero la cultura della pasta afforno

Senza furia e senza epos
quegli Orlandi biliosi
allestirono i cantieri culturali
nella capitale mondiale dell'Amat

quando ad aspettare l'autobussu
ci andava veramente di lussu
perchè nella città dove non si corre
si poteva confutare il tutto scorre

nulla scorre ma tutto si asciuga 
nulla si lecca se non è sarda o acciuga
il fango tra Palermo e Casteldaccia
si asciugherà col ritorno della bonaccia

E cosa dire di Cefala Diana o Monreale
di impiegati beccati al bar Centrale
non bastano alluvioni o temporali
a spaventare gli impiegati comunali

pur avendo un lavoro chiederanno la luna
e nelle slot tenteranno maggior fortuna
andranno a prendere i figli a scuola
e che dire...sarà tutto fango che cola

(Ezio Spataro)

9 novembre 2018

Dimucrazia



Sicuramente oggi c'è chi può dire che l'attuale governo non sta lavorando bene e ha pieno diritto di dirlo, ma sicuramente non può negare che questo governo è stato scelto e legittimato dal popolo. Le masse non vanno demonizzate ma capite e ascoltate. Le masse votano e vanno rispettate perchè oggi fortunatamente col suffragio universale non si vota in base al proprio quoziente intellettivo o il grado di istruzione. Il popolo non è il popolino come qualcuno con disprezzo suole apostrofarlo. Ricordo invece anni fa quando si andava al governo con consensi popolari che si attestavano attorno al 25% . Fu proprio durante quegli anni che scrissi questa poesia sulla democrazia. Oggi posso dire che è meglio un governo populista piuttosto che governi impopolari che rappresentano un italiano su 4.


La dimucrazia
è un ciuri dilicatu
e pari na fuddìa
vidillu spampinatu

Nascì cu nubirtà
pi un populu civili
ca sogna libirtà
nta stu munnu vili

Cuverni maliziusi
spampìnanu stu ciuri
nn'attaccanu li pusa
nni levanu l'onuri

Sempri lu votu damu
e lu munnu è com'ha statu
però lu pani chi scuttamu
è sempri pani sudatu !

Terra fertili e amica
pi genti ca nascì suvrana
unni lu furmentu mancu spìca
ca già è prontu pi la fullàna

chissa fussi la dimucrazia
un fertili campu curtivatu
ma cu si pigghia la mizzadrìa
penza a chiantari filu spinatu

lu patruni è fora e si punci
mentri u mizzadru si pasci ddà intra
s'addeva la vestia e si la munci
mentri au patruni ci sicca lu ventri

(Ezio Spataro)

8 novembre 2018

Ode ai tempi futuri



Negli autunni a venire
contempleremo le cateratte
dei torrenti sepolti
il tartaro sotterraneo
erutterà un liquame di vendetta
l'acqua si sposerà al fango
e noi per dissetarci
invocheremo l'acqua di polipo
davanti i silos della Nestlè

I nostri figli
si nutriranno di false farine
spacciate per kilometro zero
il grano ammuffirà nelle
valli alluvionate
ci faremo il caffè con le capsule
taroccate della defunta Bialetti
arriverà il messia del biologico
che moltiplicherà il falso made in Italy
le nostre campagne 
diventeranno discariche
e le pioggie cadranno su di esse
a gocce differenziate

Ci saranno fiumi e torrenti nuovi
figli di un edilizia minore
i preti d'avanguardia usciranno i santi
per far piovere cemento disarmato
ci saranno donne di una moderna devozione
degne spose di Rossana Rossanda
e prima che il fango inghiottisca ogni cosa
ci saranno le false rivoluzioni
si liberà redbull e negroni sbagliato
alla faccia dei giusti e dei loro giardini

Dopo la morte della cubaita
toccherà ai torroncini
andremo all'outlet dolciario
a comprare coccodrilli al gusto di cola
e negli imperi del business
non ci accorgeremo del silente fotti fotti
immemori della qualità dei prodotti
immemori della Perugina e della Pernigotti.


(Ezio Spataro)

1 novembre 2018

S'ava tagghiari ssu palluni



In tanti sia in Europa che in Italia aspettano che questo governo perda la palla. Sono appostati ai lati delle piazze col coltello pronto in mano per cogliere la palla e tagliarla. Questa situazione mi ricorda tanto quelle che vivevo da ragazzino quando per strada giocavamo a pallone e c'erano certuni già appostati che disturbati dal nostro gioco aspettavano di prenderci la palla e tagliarla.


Quann’era nicu e si iucava a lu palluni
un cristianu nni taliava assittatu nta un scaluni
e si pi sbagghiu nta li pedi cci arrivava
niscia lu cuteddu e nni lu tagghiava

Nuatri scantati nun sapiamu si scappari

ma senza lu palluni nun putiamu iucari
allura piatusiannunni nni lu faciamu dari
però lu pattu era c'aviamu a smammari

Si ghiamu a n'autra banna e truvavamu risettu
arrivavanu chiddi cchiù granni e nni facianu dispettu
nni futtianu lu palluni facennunni furriari
si prima un facia scuru nun l’arrivavamu a tuccari

Nni strudiamu, nni stancavamu e li nerbi nni faciamu,
pi fari na partita lustru unni vidiamu
cu tutta la raggia ca aviamu di ncoddu
nn’arricugghiamu dintra cu lu culu lordu

Nni stricavamu nterra, nni stricavamu unn’egghè,
li nostri matri nni nfilavanu nta lu bidè,
nni sgrasciavanu li dinocchia, li uvita e la frunti
ddu sapuni scurrìa comu acqua di la funti

Nun c’era scappatoia s’aviamu di scippari
lu telefono azzurru l’avianu di mmintari
li lignati nun si cuntavanu e li vuci nni nsurdianu
s’arrivava nta lu lettu cu li lacrimi chi currianu

E pinsannu ca la scola lu nnumani nn’aspittava
si durmia cu la spiranza ca la maistra s’assintava
accussi nta lu cortili nni mannavanu a ghiucari

e ddà nuddu lu palluni nni lu putia tagghiari

(Ezio Spataro - 2009)


28 ottobre 2018

Nasciri, campari e moriri




Qualche anno fa quando sfottevo Ciro Spataro per il suo libro su Garibaldi a Marineo, lui come risposta mi regalò una copia del libro. Per ricambiare ad un gesto cosi nobile presi un malloppetto di poesie che avevo stampato a computer e glielo portai a casa come regalo. In questo malloppetto c'era anche questa poesia che ora gli sto dedicando. Dopo qualche anno, una sera che stavo tornando a casa con la metropolitana sento squillare il cellulare, rispondo e sento la voce di Ciro Spataro. Lui in quel periodo era assessore alla cultura e si stava prodigando di contattare personalmente tutti i poeti di Marineo per raccogliere le poesie da presentare al Simposio dei poeti marinesi. Allora mi parlò di questa poesia che avevo scritto nel 2009, e ricordo che me la recitò al telefono mentre scendevo gli scalini della turbolenta e frenetica metropolitana. Per un attimo mi sono sentito catapultato sotto la rocca di Marineo, mi sentivo quasi bagnato dalle acque dell'Eleuterio. Per un attimo mi ha fatto risentire Marinese nonostante l'odio e amore che mi ha sempre legato a questo paese. E' per questo che oggi voglio dedicare questi versi a lui che è sempre stato amante e cultore della poesia, nonché ideatore del nostro premio di poesia.
A prescindere dai nostri orientamenti politici molto diversi, nella sua voce ho trovato umanità e calore. Per me prima c'è l'anima dell'uomo, poi il politico!



Nasciri, campari e moriri


C'è na sula manera di nasciri:
la forza di na matri ca spremi li visciri
e duna a la luci na vita di crisciri
ca d'amuri e sacrificiu sapi pasciri

Ci sunnu du maneri di campari:
cu cerca l'amuri e trova cosi amari
e cu già stancu un cerca nenti
ca nuddu parra e tutti su cuntenti

Ci sunnu du maneri di moriri:
cu pensa di ngrussari la cinniri
e cu raccumannatu a lu Signuri
s'addisia li frutti di l'amuri

Foddi lu primu? Foddi lu secunnu?
Ma pi tutti dui lu munnu è tunnu
foddi cu cridi, foddi cu nun cridi
ognunu si teni e s'aggrappa a la so fidi

(Ezio Spataro - 2009)


27 ottobre 2018

Soli

Io mio padre e la scimmia del circo

















Soli ascoltiamo i nostri silenzi
viziamo i nostri dolori
col pedigree della falsa speranza
portiamo a spasso le nostre paure
pisciando sotto gli alberi della nostra esistenza


Soli come cani macilenti
abbaiamo nei parchi ovattati
annusiamo foglie marce di ottobre
eterni incompresi cerchiamo la cagna ideale
con platonica oltranza ci affidiamo all'idea


Soli parliamo ad ascoltatori assenti
scriviamo poesie incomprensibili
nell'attesa che i posteri ci scrivano un libro
estemporanei viviamo schizzi di giornate
con pennelli e colori scroccati un po' ovunque


Soli annusiamo il terreno
per riconoscere presenze assenti
affetti distrutti o perduti
soli ci trasciniamo nei giardini dell'infanzia
per guardare i vecchi leoni ruggire


Soli smangiucchiamo noccioline cadute per terra
lo scaccio che un tempo papà ci comprava
il gelato promesso come la terra
quel gelato caduto per terra
che un tempo ci colava sulla mano


(Ezio Spataro)

17 ottobre 2018

Eurodisco



Eurodisco
io impazzisco
io mi sento cavaliere
la tua gloria anni ottanta
è un galoppo di tastiere

il tuo canto in playback
l'elettronico remake


Eurodisco
io impazzisco

io mi sento il tuo alfiere
la mia infanzia rediviva

ripercorre il canzoniere
si delizia con assaggi
di sintetici passaggi


Eurodisco
ti proibisco
di restare impolverata
per di più dimenticata
nella teca sprofondata

vieni fuori e canta ancora
dal tuo vaso di Pandora


Eurodisco
io impazzisco
a sentire le tue note
sprigionate dal vinile
si dileguano le rughe
che minacciano le gote

(Ezio Spataro)

15 ottobre 2018

Asfalto



Non c'è vendemmia che possa inebriarmi
in questo asfalto di città
tutto è asservito ad un veloce presente
che spazza le foglie
senza dargli il tempo di cadere
lentamente sul terreno

Non c'è terreno
ma solo asfalto di città
il germoglio non esplode
gli alberi non arrivano a crescere
il tempo non mette radici
e la memoria resiste soltanto
nelle remote linfe della mia mente

Non ci sono stagioni
in questo asfalto di città
l'orizzonte ha sempre lo stesso colore
non ci sono feste o ricorrenze
ma date di scadenza minacciose
riguardo a un illusorio futuro

Non c'è anima 
in questo asfalto di città
il tempo è un susseguirsi di eventi
e tra l'uno e l'altro
alberga solo il vuoto

Ed ora tra le bancarelle di uno street food
mangio per strada
prodotti genuini
figli di un atavica terra
che oggi celebriamo
come i Penati di una nuova era

Noi che come Enea
abbandonammo la città distrutta
piantiamo le tende
nell'Interland della megalopoli
respiriamo il tanfo di letame
proveniente dalle pianure attorno
abbrustoliamo castagne e salamelle
come incenso da offrire
nei templi delle Bio-Divinità

(Ezio Spataro)

10 ottobre 2018

Il processo Sanicola


















E' tempo di vendere villa e barca a vela
è tempo di affrontare la querela
puoi vender financo la nuda proprietà
in attesa di raggiunger l'aldilà

Piccioli, pecunia, moneta sonante
si sente scivolare dal tuo conto
mentre subisci il triste scherzo
di chi a suo vantaggio non paga il sesterzo

Cresce  nel tuo ventre la bile
ti senti braccato da Sparafucile
fu Rigoletto a dargli licenza
di notificarti ogni vertenza

Per essere un vastasu in stato di ebbrezza 
la tua schiena non si curva ne si spezza
invano i cattolici di famiglia cristiana
ti stilizzaron con la mezza damigiana

Un fumettista venne assoldato
per farti sembrare un web-alcolizzato
eri li con le mani alla tastiera
con dietro la bottiglia di barbera

Il degno compagno di Sparafucile
fece lo sfoggio di arte e di stile
oltre al fumetto li a beffeggiarti
vollero persino querelarti

Col tuo viso bendato a guisa di bandito
vergavano pure l'articolo forbito
che bisogna avvicinare davvero la lanterna
per capire che si tratta di correzione fraterna

Chiudo questo scritto con l'ultima quartina
chiamando a testimoni Benanti e Taormina
esprimo un desiderio davanti a costoro
nel prossimo fumetto si metta il quartaloro !

(Ezio Spataro)

7 ottobre 2018

Sansone a Marineo



Giunsero alle porte del paese
i consulenti anargiri
che si gonfiavano i muscoli
ammazzando Filistei sotto le macerie


Potevano andare a caccia
di fiere e animali cornuti
potevano spostare a braccia
i basamenti del mausoleo ai caduti


Non sarebbero bastati i primi coglioni
che si presentavano a Marineo
serviva un esercito di Sansoni
un curriculum da ammazza-Filisteo


Nell'andirivieni di Piazza Inglima, la catarsi
traffici iniziarono a fluidificarsi
un eroe straniero si era erudito
per ridare ossigeno all'agorà di Vintugnito


Superata l'urbana impasse
apparvero le antiche carcasse
i ganci sanguinolenti
di chi aveva le dita per contare fino a venti


Si poteva andare al cimitero
come celebrazione di un nuovo mistero
immergersi in un full duplex di esistenze
in veicoli che andavano a oltranza


Per approntare il nuovo progetto
si attendeva il beneplacito di Rigoletto
non si sa se fu sconfitta la polvere sottile
qui servirebbe la consulenza di Sparafucile


Non si sa se costò poco o se fu caro
ma Sparafucile intanto disse "fermo o sparo"
che non si dubiti delle nostre esigenze
in questi tempi di anargire consulenze


(Ezio Spataro)

24 settembre 2018

Lu messia di lu Buceci

poesia dedicata a Francu Quadaruni



A ddi tempi Francu scinnia di lu Buceci
era duminica e putianu essiri li deci
s'abbicinaru na pocu e li talià nta la mpigna
ci dissi : iti a travagghiari nta la me vigna !
Ma chiddi eranu scritti a lu sindacatu
e di racina unni vosiru inchiri mancu un catu.

Nuatri semu chiddi senza patruni 
dissiru ddi picciotti a gran vuciuni
tu cu lu to vinu nunn'accatti,
nuatri cu tia nun scinnemu a patti
e puru ca lu to vinu è frizzantinu
nuatri circamu n'autru distinu

Allura Francu dissi: beati li travagghiatura
picchì d'iddi è tutta l'acqua di la me brivatura,
beati chiddi ca si rumpinu la carina
picchì d'iddi è tutta la me racina,
beati chiddi ca cogghinu e fannu festa
picchì di vinu nni veni assai e macari nn'arresta

Chiddi nun cridianu a la so parola
eranu comu pagghia ca cu un ciusciuni vola
vinniru li sindacalisti e l'arristaru
nta na turri lu nchiueru nfinu a frivaru
allura Salomè niputi di Cacadaciu
ci dissi na parola adaciu adaciu:

A tia ca fa lu vinu vulissi vasari
damminni un sursiceddu, pi tia vogghiu abballari.
Francu l'alluntanà cu manu tosta :
vattinni maliziusa, ca lu me vinu costa
amuri e gran fatica, pi chissu veni bellu
pi chiddi comu a tia c'è sulu Tavernellu.

(Ezio Spataro - autunno 2009)


22 settembre 2018

A Sarvaturi


Salvatore La Sala (uomo di Dio)


Sarvatù, quann'è la prima missa au Crucifissu?
E siddu è a la Matrici tu dimmillu u stissu
picchì unni ci su missi tu si sempri avanti
a la Matrici, au Crucifissu e all'Armi Santi


Nta ogni quinnicina, nta ogni nuvena
di serbiri la missa nun perdi mai la lena
si manchi tu nun s'allumina l'artaru
e mancu s'accumencia lu rusariu


Quann'eri cu l'ammuzza ancora fina
sirbisti la missa cu patri La Spina,
quannu arrivasti a gavutizza di scala
sirbisti la missa cu patri La Sala

e ora ca si lu giganti di Marinè
cci serbi la missa a patri Lè


Ci stavi cchiù picca cu patri Sarvinu
si tipu di Matrici, nun si cummintalinu
ma lu Cummentu chi mali ti fici
ca sempri t'arresti a la Matrici ?


Quannu c'è corcunu chi mori a lu paisi
lu sa tri ghiorna prima e macari un misi
tantu ca li Di Miceli e li Liuzza
quannu ti vidinu già sentinu la puzza


Tu si prisenti nta ogni funerali
comu la statua d'ancilu cu l'ali
quannu si senti sunari la ngunìa
la genti veni a dumanna a tìa:


Unn'è Sarvaturi, unni si nni ii?
Si senti la ngunia, corcunu ca murì !
Sulu Sarvaturi si pigghia firnicìa
di diri pi cu sona la ngunìa !


(Ezio Spataro)


21 settembre 2018

Francu fammi travagghiari



Francu fammi travagghiari
comu consulenti o comu nzocch’egghè
di lu continenti  fammi turnari
nta lu beddu paisi di Marinè


Li sinnaci chi c’eranu na vota
sapianu pinsari pi l’amici
e ora nuddu ammutta la me rota
Francu a st’amicu tò ora chi ci dici?


T’arricogghiu la differenziata porta a porta
cu lu biduneddu e puru cu la sporta
ma tu m’ha giurari ca s'arrivu a turnari
cocchi travagghiu mi lu fa truvari


Ogni matina  ti v’accattu lu giurnali
vaiu  nni Sirviu e puru nni Pasquali
ma tu nta la me terra ma fari turnari
unni pozzu cchiù di paari affittu e cambiali


Tu pi mia unn’ha fari quasi ca nenti
fammi trasiri comu l’urtimu di li consulenti
mettimi nta cocchi gnuni a lu municipiu
comu li sinnaci facianu dapprincipiu


Hai scrivutu na puisia a lu iornu
ma sordi  nn’affacciaru  l’ummira d’un cornu
picchì lu pani nun si scrivi ma si suda
e iu Francu sugnu arridduttu a la nuda !


(Ezio Spataro)

17 settembre 2018

Santu Ciru nta quadara


Accursio Di Leo



Nta lu Novantunu ci fu la Dimustranza
e iu partecipavi cu prisenza e senza panza
era acussì siccu ca paria un rremitu santu
di scurdarimi la parti nun c'era nuddu scantu
avia stari ncatinatu misu dintra un quadaruni
cu la facci tribbulata e la testa a pinnuluni

Quannu ncuntravi Accursio Di Leo
mi dissi: ma lei è di Marineo?
Avia capiddi logni ca paria lu Nazarenu
di un culuri biunnu scuru, comu chiddu di lu fenu
la varbuzza spilacchiata mi facia pariri granni
ma era sulu un picciotteddu d'appena sidici anni

Ci dissi allura a lu caru regista:
allura la me parti n'sustanza è sulu chista?
Stari ncatinatu senza grapiri la vucca
cu la facci siddiata comu chidda di na cucca?
Nfilatu nta a quadara cu l'ogghiu beddu cavudu
e accussì di lu martiriu fari sentiri lu ciavuru?

Li cavaddi nta l'appagnu ritardavanu la scena
e la fudda affaticata suppurtava na gran pena
cu la merda c'assummava stramminata pi la strata
di lu tanfu c'acchianava la me testa era stunata
la vesti chi nsaiava la sintia accussì pesanti
ca li rini mi dulianu comu un vecchiu d'ottant'anni

Di lu Casteddu a Sant'Anna, e pò nfinu a San Micheli
m'avia parsu di caminari di Marinè a Musulumeli
la stanchizza nta li ammi, lu suduri a tutti banni
la quadara strascinata mi paria sempri cchiù granni.


Di parti d'assignari nun ci nn'eranu na para
giustu giustu mi tuccà "Santu Ciru nta quadara"

(Ezio Spataro)

recitazione dell'amico Fabrizio Lo Proto in occasione del Simposio dei Poeti Marinesi ediz. 2014


13 settembre 2018

La banda Pillirinu


Nell'immediato dopoguerra la Sicilia era infestata da bande di briganti, una famosa fu la banda di Giuliano. Anche Marineo ebbe le sue bande e una di queste fu la banda Pellegrino. La buon anima del signor D'Aversa conobbe quella banda ed alcuni anni fa in un intervista che realizzammo assieme a Franco Virga e Ciro Guastella ci raccontò una delle gesta più famigerate che la banda compì: il rapimento di un giovane con richiesta di riscatto alla famiglia.



Di la muntagna di lu pizzu Parrinu
sta pi scinniri la banda Pillirinu
trasiti nta li casi, chiutivi li mposti
accura, guardativi li figghi vostri

Cu li vastuna caminanu armati
briganti poviri e spietati
si mmidìanu di ricchizzi e sordi
a lu puntu di nesciri foddi

Tantu ca na vota pigghiaru un picciottu
e a la famigghia cci addumannaru lu riscattu
l'ammucciaru dintra un puzzu funnutu
e nuddu sappi unn'è c'avia spirutu

Un puzzu ammucciatu nta un postu luntanu
lu circaru a la Luisa, a la Russedda e a Scanzanu
parìa ci vulissi un gniocu di prestigiu
p'attruvari a stu poviru figghiu

Allura la matri addulurata e affritta
si nni ii nta lu sinnacu gritta gritta
pi diricci di usari tutta la so arti
pi truvari so figghiu puru ncapu a Marti

Nun si sappi comu ed è un misteru
lu sinnacu lu fici truvari pi daveru
nun si sappi si foru li carabineri
o cocchi mafiusu guardacamperi

Lu fattu fu ca s'arrivà a lu puzzu
dda ncapu unni c'è lu pizzu
lu pizzu Parrinu canusciutu di li genti
unni ormai nun ci curtivanu cchiù nenti

A dda povira vittima pi fallu campari
pani e acqua cci avianu a calari
nta ddu postu abbannunatu di lu munnu
ci calavanu lu manciari ddà nfunnu

Pi so matri nun'avvia mpurtanza
ddu puzzu era funnutu quantu la so spiranza
e dda nfunnu iccà na vuci pi chiamari
e comu Lazzaru lu fici risuscitari

(Ezio Spataro)

8 settembre 2018

Carmelo Vono



Ad un caro amico 

Carmelo Vono, Carmelo Vono
si parri tu, lu re s’assetta nta lu tronu
quannu ti nfili nna li discursi
nun si pò diri ca semu ursi
picchì arrispunniri a li to dumanni

nni serbi tempu, nni passanu l’anni

Ora ca si laureatu di ncigneri
lu munnu av’arricchiri
tutti l’archi di scienza
unn’annu unni iri
ogni vota ca tornu a Marinè
ti ncontru quasi ca unn’egghè
vegnu pi Natali
e tu si nta la chiazza
vegnu pi Pasqua

e pari ca ti vitti anturazza

Si un cristianu tu fermi pi la via
ci passii nzemmula finu a Tagghiavia
lu discursu è bellu
lu friscu c’è puru
Carmè, forsi un ti nn’adduni

ma sta facennu scuru

Si nn’ha disiu
nni pigghiamu lu gelatu
accussì putemu diri
ca la siritina nn’ha passatu
forsi è l’ura ca nni issimu a curcari
ca dumani nni videmu

e nn’avemu di parrari


(Ezio Spataro)

Fradiciumi



Nta sta vita chi campamu
cunta troppu l'apparenza
ma chiddu chi semu e nzoccu passamu
nun lu spiega nudda scienza

Accussì lu prigiudiziu
nni fa diri cosi torti,
lu piggiuri nostru viziu
finu a ghiornu di la morti

Sulu quannu passamu
pi na strata di duluri
si capisci chiddu chi semu
e qual è u nostru valuri

Capitannu li dulura
semu suli, suli cu nuatri
ca parrassiru li mura
pi cuntalli a tutti l'autri

Cu nni ncontra pi la strata
nn'addumanna comu semu,
"c'è scinnuta e c'è acchianata"
accussì cci arrispunnemu

Damu saziu a li curiusi
e disagiu a li lagnusi
pi la nostra pena certamenti
vidi si corcunu fa nenti

Sunnu fradici li genti
e sunnu favusi i paroli
c'è la mmidia all'autru beni
è lu mali chiddu ca si voli

Comu quannu nta la strata
chiovi forti e si fa un ciumi
du Carbaniu a la Balata
scinni acqua e fradiciumi

Scinni tutta la lurdura
di chist'annu e lu gellannu
scinni e scinni allura
quannu lu tempu è tirannu

(Ezio Spataro)

3 settembre 2018

Zuccu di puisia

Foto di Virgilio Ferrara























Ma tu chi sa?
Iu la matina quannu lu suli è ancora vasciu
m'aiu liggiutu tutti li poesii di Boccacciu
e prima ca di menziornu veni l'ura
m'aiu fattu deci sarmi di cultura !

Ma tu chi sa?
Iu la matina quannu ancora lu piscaturi va a la varca
m'aiu liggiutu tutti li poesii di Danti e di Petrarca
e prima ca lu suli si fa gavutu
di ntesta ci putissi scippari l'addauru !

Ma tu chi sa?
Iu ogni ghiornu nni sacciu lu duppiu d'aeri
talè propria antura mi liggivu Cecco Angiolieri
ca siddu iu fussi focu o ventu di maistrali
putissi dari travagghiu a lu duppiu di li furistali

Ma tu chi sa ?
Dintra li me casciuna li poesii oramai si ncarcanu
l'urtima chi cci fuddavu era di Cielu d'Arcamu
nun si ponnu grapiri ddi casciuna quantu su chini
e mancu sacciu unni mettiri Iacupu di Lentini

Ma tu chi sa?
Iu quannu lu suli codda nta l'uri cchiu' tardi
m'aiu liggiutu tuttu Giacumu Liupardi
e quannu l'autri s'affuddanu nta la putìa di Patrunaggiu
iu lu sabatu mi nni va manciu a lu villaggiu

Ma tu chi sa?
iu quannu sugnu n'spiaggia cu la carina nuda
mi leggiu li poesii di Pablu Neruda
ca mancu bagnu mi va fazzu nta lu mari
picchì sugnu tuttu pigghiatu di lu so puitari.

Ma tu chi sa?
Iu putissi essiri consulenti di puisia
picchì di chissa cosa canusciu saluti e malatia
quali futuru ci pò essiri nta stu paisi
si cu scrivi na puisia nun mi lu veni a ddici ?

Ma tu chi sa?
Na vota mi dicianu zuccu d'aliva
ma ora la nutizia cchiù tardiva
è ca la genti chi mi ncontra pi la via
mi ricanusci comu zuccu di puisìa

(Ezio Spataro)