15 agosto 2018

Spartenze e spartuti













Ricordo le lunghe file a imbuto
l’euforia di diventare uno spartuto
dopo una vita di panza e di presenza
finalmente mi preparavo alla spartenza

Dissi: ma chi nn’ama spartiri?
No! - mi risposero - semu cca pi partiri!
Ah si? E unn’e’ direttu lu viaggiu?
Mi dissero: unni c’è benessiri e travagghiu!

Già  mi sudava la cammisa
mentre spingevo la mia valigia Carpisa
orgoglioso di quel trolley griffato
me ne stavo lì accodato

Il marsupio mi pendeva dalla vita
dentro ci affondavo tutte le dita
gli incastravo i miei due cellulari
in quel marsupio della Naj Oleari

Pensai in tutta fretta
di passare al museo di Bolognetta
per avvisare gli ex articolisti
di inserirmi nella lista dei poveri cristi

Lo feci e gli dissi a quattrocchi
venite articolisti, scrollatevi i pidocchi
venite ad onorare il prodotto interno lordo
Ma chi? S’attaccaru cu li catini e cu li cordi!!!

Allora pensai  - scrivo a Santo Lombino
mi faccio citare in qualche suo libricino
oppure mi gioco la carta del Guastella
magari mi inserisce in qualche sua novella

Potrei tentare la carta del Benanti
magari mi inserisce in qualche libro di santi
Santu Ciru emigratu n’Lumbardia
facitimi la grazia mentri sugnu pi la via

Mi feci dei selfie col trolley firmato
gel nei capelli e pollice alzato
il cellulare in mano, lo scatto compulsivo
davanti il bastimento con il quale partivo

Andai in settentrione e vi incontrai i leghisti,
aprirono i porti a noi poveri cristi
ne approfittammo per rubargli il lavoro
terroni - ci gridaron tutti in coro

Erano leghisti novellini
quelli primitivi dell’era pre-Salvini
nella loro terra cercavamo un futuro
anche noi volevamo averlo duro.

All’approdare del nostro bastimento
vennero a farci il primo censimento
noi temevamo imminenti rimpatri
ed io pensavo - chi ci dicu a me patri ?

Dopo un odissea di patimenti
rimasi in quella terra fra gli stenti
ma grazie al mio ingegno e la mia arte
misi un bel gruzzolo da parte

Ora quando torno al mio paese
faccio il conte ed il marchese
la gente mi riverisce e mi vanta
perché gli sgancio la carta da cinquanta

Ho realizzato il sogno padano
dono alla chiesa, al prete e  al sagrestano
faccio opere di carità e beneficienza
io che un tempo avevo fatto la spartenza

E pensare che ero partito
con la valigia di cartone
avvolta in uno spago striminzito
come unica protezione

Dentro avevo messo pochissime vivande
insieme a qualche paio di mutande,
la sasizza di pupiddo essiccata,
i passoloni della Cannavata

Uomo di successo, un tempo spartuto
adesso ricordo quelle file a imbuto
io che mi son fatto da solo
a volte ripenso al vecchio molo.

Adesso mi fanno i complimenti
per essere salito sui vecchi bastimenti
quando con speranze quasi vane
partivamo per terre assai lontane

Ora spensierato mi lecco questo cono
e penso a spedirvi il pacco dono
dentro vi metto un vecchio reggiseno
due coppole si ricavano per lo meno.

Preparo la sputazza e il francobollo
mi preparo a chiudere il collo
sigillero’ in esso la spartenza
apritelo e ne sentirete l’essenza.

(Ezio Spataro)